Spesso
nei conviviali del martedì sera con i miei amici nella solita osteria ci
scontriamo (animatamente) sui fatti più disparati; e non può essere
diversamente vista la matrice politica di ognuno di noi: uno della sinistra
antagonista, uno della destra estrema, un democristiano paraculo, uno della
sinistra di governo, un populista. Diverse volte si è parlato degli ormai
famosissimi “costi della politica” e dalle nostre matrici politiche si può
dedurre di come ognuno di noi la pensa. Personalmente ho sempre ritenuto che
gli Enti Locali siano stati creati appositamente per tenere dentro un fittizio
ciclo lavorativo milioni di italiani che non avrebbero avuto altra occasione
che la disoccupazione a vita. Fine anni sessanta, tutti gli anni settanta e i
primi anni ottanta, la Democrazia Cristiana con i suoi diversi governi ha
pensato bene di usare la via d’uscita degli Enti Locali per prevenire eventuali
sommovimenti di rivolta da parte di chi non aveva un lavoro (e devo dire per
esperienza indiretta delle classi meno agiate di questo Paese). Oggi che da più
parti si ventila la soppressione di province e altri enti inservibili, mi
chiedo dove si collocherà tutta quella parte di “stipendiati” che
inevitabilmente si troveranno senza un lavoro.
A
tal uopo però è bene ricordare il dibattito parlamentare di quegli anni e lo
faccio attraverso un passaggio del deputato parlamentare Sebastiano Fulci di
aria liberale alla seduta della camera del 3 ottobre 1967 quando si discuteva
del disegno di legge sui consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario.
“Non è stato taciuto l’aggravio di spese che
la nuova costellazione di assemblee, di consiglieri regionali, di presidenze,
di assessorati, di gabinetti e di segreterie particolari comporterà per
l’Erario e, in definitiva, per le tasche del contribuente e per l’economia
nazionale. Se le Regioni verranno attuate, quanti nuovi mattoni saranno portati
alla già enorme diga delle spese improduttive, che frena l’espandersi degli
investimenti e, quindi, del benessere del nostro Paese? Al miracolo della
moltiplicazione dei pani farà seguito quella della moltiplicazione dei posti… e
ciò che spaventa ancor di più sono le forche caudine che la burocrazia
regionale finirà con l’apprestare per i propri amministrati. Ognuno di quei
nuovi presidenti, assessori, capi di gabinetto, segretari generali e
particolari, direttori di sezione e di divisione, avrà infatti bisogno di un ubi
consistam funzionale, cioè dovrà crearsi
una competenza: e ciò, il più delle volte, significherà imprimere all’iter
burocratico delle pratiche che concernono i poveri cittadini il carattere di un
vero e proprio calvario. (…) L’uomo della strada, l’opinione pubblica, nella
loro genuina ed istintiva saggezza, non hanno alcuna simpatia per i consigli
regionali che si vorrebbero istituire, in cui scorgono fin d’ora l’origine di
nuovi sperperi e dissesti, di nuovi mali e difficoltà”.
Previsione
rivelatasi poi pura realtà; ma come si diceva all’inizio, io vedo la
costituzione di questi Enti come una via tutta italiana alla redistribuzione
del reddito.
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