Se
si vuole narrare, non resta ormai che accumulare pezzi eterogenei di
riflessione e di racconto, e magari montarli in piccoli apologhi: bisogna
costruire un album di digressioni che s’inseguono, una “capsula” di polveri
letterarie variopinte, dove ciò che è avvincente è solo il continuo
rimescolarsi degli atomi del vissuto e del pensato, degli incidenti biografici
e delle associazioni mentali – ossia la peripezia attraverso cui si passa da
un’idea all’altra.
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