domenica 17 novembre 2013

Quello che ancora non sai del Pesce Ghiaccio - Efraim Medina Reyes


Efraim Medina Reyes è uno dei più geniali e innovativi scrittori contemporanei e non so quanto giusta sia la definizione che la critica dà di questo autore, definendolo appunto “il Bukowski colombiano”. Poliedrico cultore della cultura tutta (alta o bassa che sia), Reyes è scrittore, regista, poeta, musicista, teatrante; personalmente lo seguo sin dai suoi esordi come scrittore, quando già lasciava presagire una certa avversione alla letteratura classica sudamericana e colombiana in modo particolare attraverso una prosa del tutto originale e apparentemente scollegata dalla realtà (almeno quella canonica) e che faceva invece il verso a quella “generazione zero” della contemporanea letteratura americana (Bret Easton Ellis su tutti). Ecco forse l’autore colombiano è da annoverare in quel canone letterario che prevede una scrittura senza controllo e tematiche generazionali fino a qualche decennio fa poco battute dai grandi autori della letteratura. Se vogliamo un modo di scrivere e di raccontare storie spiazzante per il lettore che si trova immerso in un frullato di situazioni e descrizioni a volte incomprensibili; però è anche questo segno dei tempi, di una società liquida che ha prodotto una cultura multimediale con salti interpretativi che spaziano in tutte le forma di arte conosciuta. In fondo basta leggere i titoli dei romanzi di Reyes per accorgersi di trovarsi in una zona di nonsense apparente e che invece descrive nuove realtà mai battute prima: “C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo” (2002), “Tecniche di masturbazione tra Batman e Robin” (2004), “La sessualità della Pantera Rosa” (2006) sono i titoli che precedono il suo ultimo lavoro “Quello che ancora non sai del pesce ghiaccio” (2013).

Ecco questo suo ultimo libro “Quello che ancora non sai del pesce ghiaccio” può essere considerato un thriller filosofico in cui l’autore attraverso peripezie linguistiche e descrizioni di accadimenti (ir)reali cerca di rappresentare la crisi di identità che attanaglia l’essere umano di oggi, una crisi frutto diretto della crisi globale che attraversa il mondo intero. Una metafora sull’incomunicabilità odierna del genere umano, la dove servirebbe invece un dialogo forte e profondo per risolvere i problemi che attanagliano il mondo d’oggi. Con questo testo Efraim Medina Reyes sembra volerci dire che viviamo come pesci in un acquario: parliamo senza dire niente e l’unica nostra attività sembra essere drogarci di consumismo. Il protagonista di questa storia prende atto che non può sempre sfuggire alle responsabilità che lo inchiodano ad essere persona calata nella società e necessariamente deve mettersi in gioco attraverso l’esplorazione degli altri.


Teo (questo il nome del protagonista) è un ragazzo sulla trentina che soffre di una allergia agli agenti esterni e per questo deve stare chiuso nella sua stanza, un microcosmo simile alle tante stanze degli adolescenti odierni. Teo vive con la madre abbandonata per ben sei volte dal padre (l’illogicità di Reyes) e con un fratello minore ben inserito nella società dei media. L’unico appiglio alla realtà reale di Teo è Vlues (un ritratto femminile degno di un Oscar) che condivide con lui ossessioni e erotismo (anche su quest’ultimo tema ci sarebbe molto da discutere, basti dire che l’erotismo dei due è un erotismo stravagante ma che può fare proseliti nel mondo d’oggi; leggere per credere). Teo riesce solo a passeggiare di notte quando la luce del sole è ormai sparita e in una delle sue passeggiate notturne, sorpreso da un acquazzone, si rifugia in un misterioso bar “Il Pesce Ghiaccio” appunto. Qui conosce Lena una femme fatale (altra descrizione di personaggio femminile meritoria di premio) con cui nell’arco di una notte imbastisce una ambigua relazione amorosa. Da questo punto in poi Teo si troverà ad affrontare un viaggio iniziatico in un mondo inverosimile ma che più reale di così non può esistere: napoletani cocainomani, cinesi omosessuali, artisti patetici, poliziotti violenti. Un grand guignol sfaccettato della natura umana dove ognuno di noi può trovare l’incubo che da una vita lo assale. E qui sta tutta la bravura dello scrittore colombiano.

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