Fermo
restando che quando si parla di “The Wolf of Wall Street” si parla di una
grande film che ha la possibilità, fra qualche giorno, di essere insignito di
diversi Oscar, bisogna ammettere però che la storia di Jordan Belfort con le
sue reali vicissitudini è una storia già sentita e forse meglio raccontata in
letteratura da quel genio di Bret Easton Ellis in “Glamorama”: libro targato
anni novanta dove si raccontava della Wall Street avida e dei loschi personaggi
che ci girano intorno.
Il
film di Martin Scorsese magistralmente interpretato (qualche dubbio su alcune
scene sopra le righe) da Leonardo DiCaprio racconta proprio il mondo dei broker
con le loro vite “disadattate”. Soldi a palate, senza che ne venga carpito il
senso ultimo del denaro in relazione al lavoro, droghe a chili, orge, maschi
che urlano, abituati ad urlare in qualsiasi momento e per qualsiasi
accadimento, nani lanciati contro il bersaglio per divertimento e soprattutto
donne viste come carne da macello: mogli trofeo e prostitute classificate come
azioni con su in alto le Blue Chips (escort di altissimo livello) e in fondo i titoli
meno allettanti (le prostitute di strada) e dunque meno cari.
“The
Wolf of Wall Street” in simbiosi con altri film sullo stesso tema ma con una
visionarietà insuperabile, racconta come i soldi facili si accumulano senza
nessuna fatica, gabbando gli esseri umani più sprovveduti; come gli stessi
soldi si portano con il trolley nelle banche svizzere con la compiacenza degli
gnomi della finanza d’oltralpe e soprattutto come si dilapidano attraverso il
fascino del lusso e della degenerazione. Il tutto è raccontato dal punto di
vista del protagonista, truffatore sin da piccolo con un unico sogno coltivato:
quello di diventare ricco a tutti i costi. Magistrale la scena in cui Jordan
Belfort agli inizi della sua carriera viene istruito da un maestro del brokeraggio:
un dialogo spassoso per eccessi alcolici e consigli antistress.
Senza
entrare nel merito dell’autobiografia del protagonista che qui viene
spezzettata in una sequenza di gag brillantissime, possiamo dire che l’intero
film è uno sfrenato e lussuoso calderone messo in scena e recitato con il
massimo della sfrontatezza. Forse l’unica nota stonata è l’eccessiva durata del
tutto; per raccontarci le storture di Wall Street e dei suoi uomini bastava
forse una durata minore.
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