Si
può riflettere su quanto ci sta accadendo intorno anche attraverso la comicità
e a ragion veduta oggi la satira è il veicolo principale di interazione per
ragionare sugli accadimenti sociali del nostro tempo. “Sotto una buona stella”
ultimo lavoro cinematografico del poliedrico Carlo Verdone è uno di quei film
dove, nonostante alcune pause verso il basso, si possono trovare elementi di
discussione attraverso il sorriso.
Tutto
ha inizio con la crisi economica (e il malaffare di uomini senza scrupoli) che
stiamo attraversando: infatti il protagonista di questa commedia tal Federico
Picchioni è un uomo di affari di successo (con tutto ciò che la definizione
comporta: separato con due figli da mantenere, un’amante di lusso e del lusso,
sballottato fra i mille impegni lavorativi e mondani per cui le 24 ore della
giornata non bastano mai) che lavora per una holding finanziaria. I guai
cominciano quando la holding va in crisi per alcune operazioni finanziarie poco
trasparenti del capo e contestualmente la ex moglie del Picchioni passa a
miglior vita. A questo punto il protagonista necessariamente deve accogliere
nella lussuosa dimora concepita secondo gli stilemi del lusso della sua amante
i due figli; da qui lo stravolgimento che porterà ad un cambiamento di rotta
nella vita del nostro. (In questo contesto altri fattori di riflessione vengono
proposti: i giovani con lavori precari o addirittura senza lavoro costretti a
vivere a lungo con i genitori – e che da qualche privilegiato vengono definiti
bamboccioni -, la famiglia allargata, la gravosa responsabilità di un unico
genitore che deve crescere da solo un figlio – già la figlia del protagonista è
mamma di una bambina nata da una precedente relazione -).
Primo
cambiamento: l’amante Gemma, che come tutte le amanti ama non la persona ma la
materialità della stessa vedendosi scavalcata dalle necessità umane, preferisce
lasciare Federico per continuare la “bella vita” da qualche altra parte (lo
capiremo in una scena a metà del film) e conseguente cambiamento l’entrata in
scena di Luisa Tombolini, una “tagliatrice di teste” tormentata dal senso di
colpa per il cinismo del suo mestiere, che viene ad abitare di fianco
all’appartamento del Picchioni. In tal contesto si evince un senso di
solitudine che pervade i due, ognuno affaccendato nelle proprie problematiche.
La scommessa a questo punto è riuscire a raggiungere l’armonia reciproca di
queste due solitudini.
Attraverso
un mix di situazioni implausibili e sentimenti autentici, farsa e malinconia
mescolando realtà e parodia, Verdone riesce a darci uno spaccato della società
contemporanea. “Sotto una buona stella” si pone come termometro di uno stato di
malessere diffuso nel Paese e Verdone, pare voglia essere il cantore principe
del disagio che attanaglia le “anime buone”. Un a nota di merito va anche a
Paola Cortellesi che interpreta l’improbabile “tagliatrice di teste” come
collante fra i componenti della famiglia Picchioni. Riesce in tal senso ad
esprimere satira e ribollente rabbia sociale che sono il fine ultimo di questa
pellicola.