I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di
clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della
società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e
passione civile, zero. Gestiscono
interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi,
comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti,
oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura
organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più
organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e
l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna
con un "boss" e dei "sotto-boss".
(…)
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a
partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le
banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le
università, la Rai TV, alcuni grandi giornali.
(…)
Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro
attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in
funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la
carica.
(…)
Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio
che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle
discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi
(magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro
correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più.
(…)
Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti
debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della
volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre
più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma
interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo,
controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Noi pensiamo che il
privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli
emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità
concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che
certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità
rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la
partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba
essere assicurata.
(…)
Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo
dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci
siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate
con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato
emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni,
di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.
(…)
Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale
capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità
sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo
che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata
pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una
funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che
l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma
siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche - e
soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC-
non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo
superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso,
oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo
dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della
droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione.
(…)
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei
ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e
dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli
in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con
l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro
correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione
della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente
abbandonati e superati. Ecco perché
dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli
altri partiti possono provare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se
aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche.
[...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua
in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di
allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.
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