mercoledì 26 febbraio 2014

The Wolf of Wall Street




















Fermo restando che quando si parla di “The Wolf of Wall Street” si parla di una grande film che ha la possibilità, fra qualche giorno, di essere insignito di diversi Oscar, bisogna ammettere però che la storia di Jordan Belfort con le sue reali vicissitudini è una storia già sentita e forse meglio raccontata in letteratura da quel genio di Bret Easton Ellis in “Glamorama”: libro targato anni novanta dove si raccontava della Wall Street avida e dei loschi personaggi che ci girano intorno.

Il film di Martin Scorsese magistralmente interpretato (qualche dubbio su alcune scene sopra le righe) da Leonardo DiCaprio racconta proprio il mondo dei broker con le loro vite “disadattate”. Soldi a palate, senza che ne venga carpito il senso ultimo del denaro in relazione al lavoro, droghe a chili, orge, maschi che urlano, abituati ad urlare in qualsiasi momento e per qualsiasi accadimento, nani lanciati contro il bersaglio per divertimento e soprattutto donne viste come carne da macello: mogli trofeo e prostitute classificate come azioni con su in alto le Blue Chips (escort di altissimo livello) e in fondo i titoli meno allettanti (le prostitute di strada) e dunque meno cari.

“The Wolf of Wall Street” in simbiosi con altri film sullo stesso tema ma con una visionarietà insuperabile, racconta come i soldi facili si accumulano senza nessuna fatica, gabbando gli esseri umani più sprovveduti; come gli stessi soldi si portano con il trolley nelle banche svizzere con la compiacenza degli gnomi della finanza d’oltralpe e soprattutto come si dilapidano attraverso il fascino del lusso e della degenerazione. Il tutto è raccontato dal punto di vista del protagonista, truffatore sin da piccolo con un unico sogno coltivato: quello di diventare ricco a tutti i costi. Magistrale la scena in cui Jordan Belfort agli inizi della sua carriera viene istruito da un maestro del brokeraggio: un dialogo spassoso per eccessi alcolici e consigli antistress.


Senza entrare nel merito dell’autobiografia del protagonista che qui viene spezzettata in una sequenza di gag brillantissime, possiamo dire che l’intero film è uno sfrenato e lussuoso calderone messo in scena e recitato con il massimo della sfrontatezza. Forse l’unica nota stonata è l’eccessiva durata del tutto; per raccontarci le storture di Wall Street e dei suoi uomini bastava forse una durata minore. 


    


Nessun commento:

Posta un commento